Euristeo, Vienna, van Ghelen, 1724

 ATTO PRIMO
 
 Atrio con logge all’intorno.
 
 SCENA PRIMA
 
 AGLATIDA ed ISMENE
 
 AGLATIDA
 Pendono di più regni i casi estremi
 da un dubbio Marte; e in questo
 fatal momento, o libertà o catene
 stan su l’aste guerriere. Ah! Cara Ismene,
5qual battaglia d’affetti anche in quest’alma?
 ISMENE
 Spera, o bella Aglatida.
 Epigene fia vinto. Il prode Ormonte
 farà le usate prove; e i giusti numi
 de la causa miglior saran custodi.
 AGLATIDA
10Rado si accoppia a la ragion la sorte.
 ISMENE
 Non facciam torto al cielo
 col disperarne. De l’assedio ostile
 sciolta vedremo Edessa; e de l’illustre
 vincitor tu sarai prezzo e conquista.
 AGLATIDA
15Questi gran cori, a l’arme avvezzi e pieni
 di magnanime idee,
 non piegansi ad amar che applausi e lauri;
 e son tutti a la gloria i lor sospiri.
 ISMENE
 Per te son quei di Ormonte. A che t’infingi?
 AGLATIDA
20Ah! Se credessi, Ismene,
 tanta audacia in quel cor?...
 ISMENE
                                                     Sdegno ne avresti?
 AGLATIDA
 Che? Soffrirei ch’uom nato
 in vili oscure fasce a me, del grande
 macedonico impero unica erede,
25erger osasse temerario il guardo?
 ISMENE
 Anche a me ne le vene
 scorre sangue real. Sola al re d’Argo,
 del perduto Euristeo padre infelice,
 son figlia anch’io. Pur s’io te fossi, o quanto
30più di onor mi faria vedermi a’ piedi
 languir d’amore il valoroso Ormonte
 che con tutto il chiaror di sua corona
 l’altero Glaucia.
 AGLATIDA
                                E ’l tuo Clearco ancora?
 ISMENE
 Sì, che più di grandezza e di fortuna,
35merito di valor piace e innamora.
 AGLATIDA
 Crudele amica! A forza
 tu mi strappi dal sen ciò che finora
 mal chiuder volli. Io lo credea delitto;
 e dover tu mel mostri.
40Ma l’amor mio, se lo condanna il padre,
 figlia mi troverà.
 ISMENE
                                  Del re la legge
 giurata è in tuo riposo;
 e Ormonte vincitor sarà tuo sposo.
 AGLATIDA
 Non mi so lusingar di un bene incerto;
45e col rossor di una delusa spene,
 non vo’ aggiugner fomento a le mie pene.
 
    Amo, bramo; e non dispero,
 per amar con più costanza;
 ma non credo a la speranza,
50per timor di più languir.
 
    Ne la perdita d’un bene
 vo’ accusar l’avversa sorte;
 ma non vo’ con falsa spene
 farmi rea del mio martir.
 
 SCENA II
 
 ISMENE e poi CLEARCO
 
 ISMENE
55Sia tuo, non te lo invidio; e pur sospiro,
 cara Aglatida, il fortunato Ormonte.
 Da un’incognita forza
 strigner mi sento; e sua virtude è tanta
 che la mia quasi è vinta;
60ma del facile cor gl’impeti affreno
 con la ragion. Cerco d’amar Clearco
 e trovo in lui quanto ad amore invoglia;
 ma amare e disamar chi può a sua voglia?
 CLEARCO
 Vinti i Tessali sono.
65Giace Epigene estinto. Edessa è salva;
 e di più palme adorno
 cingon le liete turbe il prode Ormonte,
 tardo lasciando a lui volger il passo,
 ove il buon re lo attende e ’l cor lo chiama.
 ISMENE
70E con l’avviso a me ne vien Clearco,
 non so se a pien contento.
 CLEARCO
 Ad Ismene ritorno e sarò mesto?
 ISMENE
 Le vittorie di Ormonte
 a lui danno Aglatida.
 CLEARCO
                                         Ismene sola
75sarebbe il mio dolor nel suo trionfo.
 ISMENE
 De l’armi e dei perigli erano oggetto
 Aglatida e ’l suo trono anche a Clearco.
 CLEARCO
 Aglatida e ’l suo trono abbiasi Ormonte.
 Sta tutto il fasto mio nel cor d’Ismene.
 ISMENE
80E questo cor ti parli. Odine i voti.
 Vorrei per pace mia che amando Ismene
 nobil conquista tua fosse Aglatida
 e fosser tuoi trofei le altrui vittorie.
 Alor saria Clearco
85ciò, lo dirò, ciò che a’ miei lumi è Ormonte.
 CLEARCO
 Ormonte? O fortunato!
 Il maggior non sapea de’ tuoi trionfi.
 ISMENE
 Gelosia non ti turbi.
 La virtù de l’eroe giunse a svegliarmi
90stima sì, non amor. Rispetto amica
 gli affetti di Aglatida e grata i tuoi.
 Più dirò ancora. In tuo favor desio
 vincer del cor le ripugnanze e amarti.
 CLEARCO
 Ah! Volendomi amar, già mi ameresti.
 ISMENE
95Anche un forte voler tiene i suoi ceppi.
 Ma ti si tolga ogni sospetto. Ormonte
 sposo sia di Aglatida. Il nodo illustre
 sostieni.
 CLEARCO
                   Opra mi chiedi onesta e cara.
 Ma ne prevedi inciampi?
 ISMENE
100E da Glaucia e dal re.
 CLEARCO
                                          Qual puote a Glaucia
 speme restar dopo i trofei di Ormonte?
 ISMENE
 Quella che vien dal disperar. Tu vedi
 qui ’l suo poter. Cisseo l’ascolta e l’ama.
 CLEARCO
 E in regio sen la fede,
105giurata al vincitor, sarà spergiura?
 ISMENE
 Tanto fede in re dura,
 quanto util suo la crede. Oscuri sono
 i natali di Ormonte. In sugl’Illiri
 stende Glaucia lo scettro; e più di Edessa
110non crollano le mura a l’urto ostile.
 CLEARCO
 Non più, che in pro del giusto
 servirò al tuo comando e a la mia gloria.
 ISMENE
 Piacemi; e tua virtù giunga al mio core
 per sentier pria di stima e poi d’amore.
 
115   Se ancor non m’arde in seno
 fiamma d’amor per te,
 per te difendo almeno
 la libertà del cor.
 
    Quanto te amar desio,
120facciasi amar tua fé;
 il tuo riposo e ’l mio
 stan nel tuo solo amor.
 
 SCENA III
 
 CLEARCO e GLAUCIA
 
 CLEARCO
 Da un rio timor mi assolve
 un sì dolce comando.
125Ismene ubbidirò.
 GLAUCIA
                                   Dunque, o Clearco,
 sovra te de l’Etolia,
 sovra me de l’Illirio almi regnanti,
 vile, ignoto straniero,
 più felice che forte, a torne i vanti,
130a rapirne le spoglie e de le genti
 a renderne verrà favola e scherzo?
 CLEARCO
 Glaucia, a chi spada impugna,
 sia di regio natale o di plebeo,
 egualmente a la gloria è aperto il calle.
135Ne l’armi ci distingue
 il valor, non il sangue. Ormonte ha vinto;
 e sul premio, ond’ei vinse, a noi men forti
 più non resta ragion.
 GLAUCIA
                                         Come? Di lui
 fien la vergine eccelsa e ’l gran retaggio?
 CLEARCO
140Mostrarne pena accrescerebbe il torto.
 GLAUCIA
 Ei, senza il mio favor, basso ancor fora
 vapor. Luce io gli diedi. Ei sel rammenti.
 CLEARCO
 Ciò che gli devi a te sovvenga ancora.
 In quel primo per noi conflitto infausto
145egli ti tolse a irreparabil morte.
 Nel braccio ancor ne porti impressi i segni.
 GLAUCIA
 Sia Glaucia preservato e Glaucia amico
 ma non Glaucia rival la sua mercede.
 CLEARCO
 Giudicarne del merto al re s’aspetta.
 GLAUCIA
150Al nodo disugual che il re consenta?
 CLEARCO
 Tu il decreto ne sai. Soffrir n’è forza.
 GLAUCIA
 L’onta soffrirne e ’l danno
 può l’amante d’Ismene,
 non mai quel d’Aglatida. A mete eccelse
155porti Ormonte il suo fasto
 ma non oltre il dover. Si riconosca.
 Io l’alzai. Me rispetti; o in breve oppresso
 egli sarà dal suo sostegno istesso.
 CLEARCO
 Glaucia, sin dove Ormonte
160erger pensi le brame
 nol so. Ne veggo il merto e non il core;
 ma in onta di chi ’l giusto a lui contenda,
 qui troverà chi sue ragion difenda.
 
    Sotto un furor possente
165l’amico e l’innocente
 non lascerò cader.
 
    Aggiugne l’onta al danno
 chi vuol con forza o inganno
 il torto sostener.
 
 SCENA IV
 
 GLAUCIA e CISSEO
 
 GLAUCIA
170Oh! Non fosse a temer che il sol Clearco!
 CISSEO
 Prence, invan più mi arresta
 il decoro del grado. Andiamo al nostro
 campione invitto ad affrettar gli amplessi.
 GLAUCIA
 Sire, nel comun gaudio il mio trascende.
175Ormonte è un’opra mia. Fu mio consiglio
 duce eleggerlo al campo.
 CISSEO
                                               E sua virtude
 fece il dovere e corrispose ai voti.
 Giust’è ch’anche risponda il premio a l’opra.
 GLAUCIA
 Lodo il grato tuo amor. Tutto gli dia
180di Epiro il re, non di Aglatida il padre.
 CISSEO
 Il genero e l’erede
 giurai nel vincitor. Tu sai la legge.
 GLAUCIA
 Che! Tuo genero Ormonte? Un?...
 ClSSEO
                                                                Che far posso?
 GLAUCIA
 Tutto. Ormonte è uom privato e re tu sei.
 CISSEO
185Taci. Egli vien. Maturerò i consigli.
 GLAUCIA
 (Disperar già potete, affetti miei).
 
 SCENA V
 
 ORMONTE e detti
 
 CISSEO
 Vieni, invitto guerrier; vien, del mio regno
 allegrezza e sostegno.
 A te scettro, a te deggio
190libertade, a te vita, a te de’ miei
 popoli la salvezza.
 Quant’ho, tutto è tuo dono.
 Per te vanto trofei, per te re sono.
 ORMONTE
 Ciò che feci in tuo pro, sire, è sì lieve
195che tua bontà, con esaltarne i pregi,
 ne rinfaccia i difetti.
 De’ tuoi ingiusti nemici il grave eccidio
 era impegno del ciel. Sua n’è la lode;
 tuoi fur gli auspici; io sol ne fui ministro;
200e servì mia fiacchezza a far più fede
 del favor degli dii nel tuo trionfo.
 GLAUCIA
 Cor serbar sì modesto in tanta gloria
 è un saper dopo altrui vincer sé stesso.
 CISSEO
 Ma nol deve privar di sua mercede
205un’austera virtù. Tale è ’l tuo merto
 che avanza il mio poter né cosa offrirti
 posso che tua non sia. Chiedi e, se grado
 v’ha nel mio regno, dignità, tesoro...
 ORMONTE
 Sì, un tesoro, o signor, v’ha nel tuo regno
210che, se colpa non fosse il sol bramarlo,
 me beato faria nel suo possesso.
 GLAUCIA
 (Cieli! Aglatida?)
 CISSEO
                                   E qual?
 ORMONTE
                                                    Pria che col labro
 ne l’audacia del priego il cor sia reo,
 donami un breve indugio. Anche il tuo dono,
215senza un assenso altrui, mi saria pena.
 GLAUCIA
 (Mi rispetta il rival).
 CISSEO
                                         Siasi a tuo grado.
 Ma tacendo il tuo core,
 diventa il tuo silenzio un mio rossore.
 
    Si è vinto; al mio regno
220ritorna la calma;
 ma un certo mi sento
 affanno ne l’alma
 che solo è per te.
 
    Ne l’arduo cimento
225del giusto amor mio,
 è forza che anch’io,
 per esserti grato,
 oblii d’esser re.
 
 SCENA VI
 
 ORMONTE e GLAUCIA
 
 GLAUCIA
 Ormonte, in mio vantaggio
230quel tuo silenzio interpetrar mi giovi.
 Del trionfo a te basti
 il titolo e la sorte;
 e se premio ne vuoi, Glaucia tel serbi.
 ORMONTE
 A Cisseo, non a Glaucia
235militò la mia destra; e duce in campo
 de’ Macedoni fui, non degl’Illiri.
 GLAUCIA
 Tal fosti; e tal ti fece
 dopo la mia ferita il sol mio voto.
 ORMONTE
 Il tuo? Cisseo me elesse;
240me acclamaro le schiere;
 e tra gli applausi altrui nessun più giusto
 dovea farmi ragion che Glaucia istesso,
 da una sorte peggior per me difeso.
 GLAUCIA
 E fin dove ti porta orgoglio e spene?
 ORMONTE
245A Glaucia nol dirò, se al re lo tacqui.
 GLAUCIA
 Forse fino a volermi
 contendere Aglatida?
 ORMONTE
 Aglatida è un oggetto, ove non puote
 senza nota di ardir fissarsi il guardo,
250non che alzarsi il desio.
 GLAUCIA
                                             Saper ti basti,
 duce, ch’amo Aglatida. Io tutte lascio
 al tuo fasto in balia l’alte speranze.
 Sol con incauto volo
 ei non salga a turbar gli affetti miei,
255che in Ormonte un rival non soffrirei.
 
    Non oserà far ombra o nol potrà
 a platano real basso virgulto.
 
    Un soffio, un urto solo
 basta, in gittarlo al suolo,
260l’oltraggio a vendicar del vano insulto.
 
 SCENA VII
 
 ORMONTE e poi AGLATIDA
 
 ORMONTE
 (Frema a sua voglia un gran dolor. Me tutto
 occupi idea più illustre. Ad Aglatida
 andiamo... O dio!... Di que’ begli occhi a fronte,
 che sia temer tu senti, o cor d’Ormonte).
 AGLATIDA
265Da tanti applausi troveran già stanco
 quei che gli reca per paterno impero
 la negletta Aglatida.
 ORMONTE
 Disprezzo, no, ma riverenza e tema
 a forza mi ritenne,
270talché, ov’era il disio, non fosse il piede.
 AGLATIDA
 Di che temer? Chi a servitude e oltraggio
 tolse un popolo intero, e me con esso,
 mi crederà sì ingiusta, onde al suo merto
 lodi condegne il mio dover ricusi?
 ORMONTE
275Tua bontà, che de l’opra applaude al zelo,
 del cor non so se approverà l’ardire.
 Fu amor... Ah! Che più reo già sono in dirlo;
 amor fu che mi accese a nobil opre;
 e di me stesso assai maggior mi rese.
280Tu di Epigene vinto e de’ sconfitti
 tessali, tu, Aglatida, hai sola il vanto.
 Vinti quei non sarien, se da te vinto
 non era il vincitor. Che s’egli amando
 ti offese, ecco, i suoi lauri al piè ti getta
285e del suo bel fallir la pena attende.
 AGLATIDA
 In altro tempo, in altro aspetto, o duce,
 non io tanto sofferto e non avresti
 tu osato tanto. A’ tuoi trofei concede
 tutto il padre sperar.
 ORMONTE
                                         Ma de la figlia
290che mi concede il core?
 AGLATIDA
 Questo cor non si regge
 che dal dover. Siegue il suo cenno; e s’egli
 non sa amar, sa ubbidir.
 ORMONTE
                                               Ch’io di mia sorte
 mi abusi e d’altra man voglia Aglatida
295che da la tua? No, principessa. Io tacqui
 al re gli affetti miei, perché le norme
 dee prescrivermi il tuo. Null’ama, o poco,
 chi in suo favor vuol che comandi un padre.
 O del padre sii dono o sii mio prezzo,
300ti rendo a te. Di te disponi. Io cerco
 più ’l tuo che ’l mio contento; e vo’ più tosto
 esser misero amante
 che parer tuo tiranno. In Aglatida
 sta il mio fato. Io l’attendo. Ella il decida.
 AGLATIDA
305Con ascoltarti amante,
 duce, già dissi assai. Prezzo al trionfo
 mi fe’ legge paterna.
 Altri amore, altri fasto
 trasse a pugnar. Tu hai vinto. Io piacer n’ebbi;
310né d’alcun tuo rival senso mi fece
 la sinistra fortuna. Or che più chiedi?
 Va’, sollecita, ottieni
 del genitor l’assenso.
 Chi felice ti brama il suo già diede.
 ORMONTE
315O per tanta mercede
 ben sofferti disagi! E che più temo,
 se Aglatida è per me?
 AGLATIDA
                                          Ma ’l re l’approvi.
 ORMONTE
 E se da lui conteso
 mi fosse un sì gran bene?...
 AGLATIDA
320O dio!
 ORMONTE
               Tu seco ingiusta a me saresti?...
 AGLATIDA
 
    Con quel sommesso «o dio»
 rispose un sospir mio.
 Già l’intendesti.
 
    Il labbro mi tradì.
325Contentati così.
 Col chiedermi di più
 mi offenderesti.
 
 SCENA VIII
 
 ORMONTE ed ERGINDA
 
 ORMONTE
 O lieto, o fausto dì! Gloria ed amore
 quasi in gara per me... Che miro?... Erginda?
330Anche Erginda in Edessa?
 ERGINDA
 Erginda, sì. Tanto stupisce Ormonte
 di vederla al suo fianco?
 ORMONTE
                                               E qual ti trasse
 lungi dal vecchio padre a questa reggia
 o speranza o disio?
 ERGINDA
                                      Qual? Tu mel chiedi?
335Forano albergo mio le patrie selve,
 se ancor vi fosse Ormonte.
 ORMONTE
 Da quel ch’ei ti lasciò, ben altro il vedi,
 ruvido alora cittadin de’ boschi,
 duce ora eccelso...
 ERGINDA
                                   E aggiugni: alor d’Erginda
340fido amante e compagno, ora infedele
 e fors’anche nemico.
 ORMONTE
 No. Quel fraterno affetto,
 con cui fin da’ prim’anni io teco crebbi,
 serbo per te.
 ERGINDA
                          Questo non chieggo; e s’anche
345lo dannassi a l’obblio, non te ne accuso.
 Quel ti cerco che amor, dacché Tersandro
 lasciò d’esserti padre e suora Erginda,
 con più fervida face accese in noi,
 quello che vuoi tradir, se nol tradisti.
 ORMONTE
350Inganno e tradimento
 son per me nomi ignoti. Erginda amante
 mi fe’ pietà. Tu la credesti amore;
 e in pascerti l’idea di sue lusinghe,
 io stimai crudeltade un disinganno
355e ’l lasciai nel suo error. Datti omai pace.
 Non è Ormonte per te. Sin fra le sacre
 de l’olimpico Giove alme pendici
 sentì l’alma sé stessa e la sua sorte.
 Addio. Sposa reale
360mi attende.
 ERGINDA
                         E sposa ancor?
 ORMONTE
                                                      Prezzo men grande
 valer non può l’abbandonata Erginda.
 ERGINDA
 Misera!
 ORMONTE
                  Ti compiango. A l’amor mio
 più conceder non lice. Erginda, addio.
 
    Torna al padre, al bosco, al prato.
365Che vuoi far? Sia tuo riposo
 altro amor più fortunato
 e ti vendichi di me.
 
    Più gentil, più vago sposo
 troverai. Non ostinarti
370in amar chi non può amarti.
 Questo cor non è per te.
 
 SCENA IX
 
 ERGINDA
 
 ERGINDA
 Così parla il crudel? Così mi lascia?
 Date, o lagrime, luogo;
 luogo date, o sospiri, a un giusto sdegno.
375Questo, questo mi vendichi. Non manca
 a schernita beltà forza né ingegno.
 Tornerò ma qual deggio,
 vendicata in amor, se non contenta;
 e quell’erbe e que’ tronchi, ove tu vuoi
380ch’io vada a confinar l’aspre mie pene,
 forse ancor beveranno i pianti tuoi.
 
    Daranno a l’ira mia
 inganno e gelosia
 vendetta e calma.
 
385   E un nodo scioglierò
 che strigner non si può,
 senza che sciolta sia
 dal sen quest’alma.
 
 Siegue il ballo di guerriere e di guerrieri macedoni.
 
 Fine dell’atto primo